martedì 31 agosto 2010

L'odore dell'icona


Un tempo il mondo era piccolo. Finiva ai bordi del villaggio, per i più. Per qualcuno si allargava alla città più vicina. Pochi avevano un mondo grande come una nazione. Nessuno come il mondo intero. Il che vuol dire che la fantasia si alimentava con cose vicine, il desiderio cresceva tra i campi o tra le mura del paese, e subito trovava frustrazione o appagamento. Oggi è diverso, il nostro mondo è vasto, abbiamo esteso il nostro corpo con il treno, l'auto, l'aereo, abbiamo ampliato l'udito con la radio, la vista con la televisione, la voce col telefono. Ed oggi abbiamo internet, che lascia una copia di noi stessi in vari luoghi virtuali, ognuna pronta a ricevere informazioni e a lasciarne a chi ci cerca, si interessa, si fa i fatti nostri. Che se poi fossero davvero fatti nostri mica li avremmo messi in piazza, direte. Ma il fatto è che quando si mostrano, quei panni, ci sembra di farlo nel privato di casa nostra, che sia camera ufficio o amaca in giardino, soli davanti ad uno schermo. Che in realtà poi siamo in mezzo al mondo che ci osserva, ma non ne abbiamo la percezione e sarebbe interessante vedere quanto sarebbero disposte certe persone che mettono tutto di sé sul web, foto pensieri confessioni, a farlo in una piazza di fronte a poche decine di estranei. Succede, credo, perché siamo abituati a rapportarci alla realtà umana dell'altro, corpo e mente in un blocco unico e inscindibile, se uno non è malato. Finché restano francobollini, minuscole rappresentazioni di un centimetro quadro, è impossibile associare a quei pensieri, quelle parole, una realtà umana. Sono reali ma circoscritte in uno spazio che reale non è, così si rischia di ferire, di ferirsi ma soprattutto di farsi delle gran seghe. Mentali, soprattutto. Meglio dare corpo, allora, a quelle voci, quei pensieri. Toccare l'avatar, annusare l'icona. A volte viene facile ed è una vertigine. Ogni essere umano è un mondo, e ci sono mondi meravigliosi, al tempo stesso familiari e completamente alieni, un po' come le montagne volanti di Pandora, e in quel caso è una festa, un viaggio che non smette di sorprendere e che vorremmo non finisse mai. Altri sono più o meno come ce li aspettavamo, con la loro dose di paesaggi e storie e tradizioni. A volte si intuisce anche qualche luogo ombroso da cui meglio stare alla larga. In ogni caso, sempre, si arricchiscono di una dote: la realtà. A volte, se non si è abituati, aprirsi alla realtà altrui costa fatica, magari perché ci hanno insegnato a ragionare per stereotipi, che così si fa prima, e allora occorre trovare la capacità di rispondere in modo nuovo ad un vecchio modo di essere a cui, se ci si pensa un'attimo, non avremmo motivo di essere affezionati. Trasformare un pugno chiuso in una mano aperta apre di conseguenza il cuore, dissolve le paure, apre gli occhi. Siamo i rapporti che facciamo, ho letto e sentito e approvato. Certe persone hanno imparato a farne di belli. Che è un po' il senso di quello che ha scritto un'amica col dono della sintesi. Che si impari, è una gioia.

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