venerdì 11 giugno 2010

Croste.


Finché dura l'infanzia è lecito fregiarsi di lividi, tagli, escoriazioni. "Hai visto che sbucciatura?" "Guarda che livido!". E giù a fare a gara a chi ha la crosta più grossa, a dire "noooooo!!" A chiedere "fa male?", frase a cui rispondere con una faccia sofferente ed un laconico "non tanto" preso a prestito da un film con John Wayne. Perché siamo uomini veri, mica bambini. Poi si diventa grandi e una sbucciatura diventa solo la prova che uno poteva stare più attento, ah ah. Dopo qualche giorno, finalmente arrivava il momento di levare la crosta. Si procedeva piano, prima saggiando il bordo, sollevandolo piano con l'unghia, poi se il dolore era troppo acuto si provava ad attaccare il bersaglio da una angolazione diversa. C'era chi picchiettava col dito, come se dovesse sbucciare un uovo, chi invece strizzava in una piega insolita la pelle sottostante, finché il muro cedeva e la crosta veniva via, rivelando una pelle sensibilissima e rosa, nuova nuova. Mi viene in mente questa immagine mentre penso alle definizioni, che buffo. Uno dice "sono un geometra", ed io ho sempre pensato che uno fa, il geometra, non è, un geometra. Nessuno è un geometra. E allora, uno, che cosa è? Uno è i rapporti che fa, mi dicono. Vero. Avevo un amico. Un fratello, nel bene e nel male. Qui sopra è uno dei due terroristi baschi. Un giorno mi disse "che buffo, tu hai sempre detto di non volere figli e ne hai due, io ho sempre voluto farmi una famiglia e invece sono solo". Qualche mese dopo se n'è andato per sempre, sbattendo la porta. E oggi avrei voluto dirgli che uno non si fa una famiglia. Uno costruisce dei rapporti, che poi magari cambiano, si chiudono, se ne fanno di nuovi. Mantieni aperto un canale con gli altri e quello che succede, se sei fortunato, è che magari un giorno scopri che sei davvero un padre pur non avendo senso paterno, perché hai un bel rapporto con un'altra persona che per combinazione è anche tua figlia, ma è prima di tutto un altro essere umano. Se ti chiudi agli altri, muori. Ma è vero che qualcuno ha un canale di comunicazione troppo stretto, che gli hanno negato la possibilità di nascere. Canale del parto, quindi, o forse trachea. Da lì comunque non si passa, occorrerebbe una tracheotomia, o un cesareo, e non sempre si ha la fortuna di trovare una levatrice o un dottore, in sala. Mantenersi aperti ha un costo, ovviamente. Ti riempi di lividi e sbucciature ma magari, col tempo, impari a riconoscere gli animaletti pelosi dalle iene feroci, scegli chi fare entrare e chi no, insomma stai attento, e ti ferisci di meno. Capita anche che dove hai preso un brutto graffio tempo fa sia venuta una crosta. Così nasce il non posso, il non mi riesce, che è una cosa che, d'istinto, mi ha sempre mandato in bestia, intimamente convinto che non c'è niente che non si può, finché siamo vivi. E allora attacca da una parte prima ma è dura, poi da un'altra e fermo che fa male, e allora aspettiamo ancora un po', finché poi insisti insisti la crosta viene via e il non posso non c'è più. Oplà. E sulla pelle nuova fare un solletico leggero, con la lingua. Questo succede, a chi resta.

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